Castaldato di Antrodoco

Il merletto a tombolo

Il merletto a tombolo

castaldato 2020-05-11

Il merletto a tombolo


Il merletto a tombolo è un pizzo fatto a mano dalle origini molto antiche che viene realizzato in molte parti d’Italia, seppure con tecniche leggermente diverse. È un pizzo molto delicato e raffinato che richiede abilità, pazienza ed esperienza, e veniva realizzato con un filo di cotone o lino molto sottile, ma oggi si usano anche altri filati preziosi e persino fili d’oro.
Si lavora con l’aiuto di un cuscino di forma cilindrica, chiamato “tombolo” da cui prende il nome il merletto. Su questo si poggia il disegno e, su di esso, si sviluppa il merletto intrecciando tantissimi, a volte anche centinaia, “fuselli”. Il merletto viene fissato con l’aiuto di spilli.
Uno dei più preziosi e ricercati in Italia è il “tombolo aquilano” che utilizza una tecnica molto antica il “punto antico”, un metodo molto particolare di intrecciare i fili senza soluzione di continuità, cioè il lavoro procede tutto insieme, diversamente dal “riattaccato”.

Merletto a tombolo

Il Tombolo, un’arte antica ormai quasi scomparsa


Lavorazione del tombolo

Di questo merletto raccontano antiche leggende di Roma e Grecia, cantate da Ovidio e da Omero, e ritrovamenti in Cina e Giappone, ma sembra che furono alcune suore benedettine del monastero di Cluny che nel 700 lo perfezionarono e lo diffusero presso le fanciulle del luogo.
Nel Medioevo il tombolo compare con notizie certe sia in Italia che nelle Fiandre, ma differenziandosi in due categorie ben distinte: quello ad ago e quello a fuselli.
Questa nobile arte, quella a fuselli, si afferma e si diffonde prima di tutto in Abruzzo. È infatti del 1371 la concessione a L’Aquila, da parte della regina di Napoli Giovanna I, (che tanta parte ebbe nella storia anche di Antrodoco, ma soprattutto ebbe la lungimiranza di sottrarre il potere ai feudatari litigiosi e affidarlo ai mercanti, i nuovi protagonisti della vita economica del paese, avviando la storia al Rinascimento), di disciplinare tutte le arti e i mestieri, e così anche l’artigianato del merletto.
La trina delicatissima si realizza con un numero incredibile di fuselli, abbiamo detto, e con un particolare refe, lino o seta, lo stesso filo che veniva utilizzato per tessere, di una sottigliezza tale che ne occorrono decine per ottenere lo spessore di un capello.
I fuselli invece sono bastoncini di legno intorno ai quali si avvolge il filo in numero variabile, secondo la grandezza o la difficoltà del disegno del pizzo, che a volte raggiunge diverse centinaia.
Le tecniche di lavorazione sono numerose.
A Venezia e Valenciennes i merletti vengono lavorati in piccole forme e poi cucite insieme con l’ago o con i fuselli; a Milano si realizzano prima le figure e poi si riempiono i vuoti con la rete; nel “Riattaccato” il motivo ornamentale è dato da una sottile strisciolina che si avvolge in volute tenute insieme da alcuni fili che si attaccano ai bordi; a L’Aquila e Bruges invece si eseguono contemporaneamente la rete e il disegno e questo aumenta enormemente le difficoltà di lavorazione.
Ma anche in Abruzzo la lavorazione del tombolo si differenziò per diverse tecniche: quello della zona di Scanno e Pescocostanzo e quello de L’Aquila.
A L’Aquila in particolare nel corso dei secoli si sono sviluppati diversi tipi di tecniche, particolari e caratteristici: il più ornato e fine, ma più complesso, è il Punto Antico Aquilano attraverso il quale, con una grande gamma di punti, si riesce a disegnare in chiaro scuro figure che risaltano su un leggerissimo sfondo a rete aperta (il tulle).

La peculiarità sta però nel filo sottilissimo ed impalpabile, di mezza oncia, secondo la tradizione, ma resistente e rigido, realizzato ad hoc e altrove irreperibile, talmente prezioso per gli aquilani che nel 1557 lo scelsero come dono al Vicerè in visita negli Abruzzi.

I lunghi tempi di lavorazione e i sottili filati utilizzati contribuiscono ad accrescere il pregio di questo merletto.
Così la regina di Francia Maria Antonietta, poi ghigliottinata con i figli e il marito re Luigi XVI, commissionò a L’Aquila un pizzo di otto palmi per farne dono al pontefice Pio VI nel giorno in cui Egli salì al soglio pontificio.
E un pizzo realizzato per la Regina Margherita di Savoia, richiese ben settemila fuselli e fili dello spessore di un capello. E tante testimonianze ancora.
Oggi il valore artistico e venale del tombolo è ufficialmente riconosciuto in occasione di varie e periodiche Mostre frequentatissime da donne con figlie da marito, le quali, a dir la verità, al momento non sono molto interessate alla preziosità di un tale corredo, preferendo biancheria moderna e pratica, ma al trascorrere del tempo, come tante prima di loro, non potranno fare a meno di apprezzarla sempre più.
Ed anche loro, come nonne, bisnonne ed ave, le conserveranno per le loro discendenti.

Clarice Serani

Lidia Ermini


Giornata del Merletto